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- Inserito da: Sergio Tatarano
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La situazione in vista delle prossime elezioni amministrative pare davvero paradossale. Paradossale è infatti che dinanzi allo sfacelo della giunta uscente, tutti i pezzi grossi del centrodestra stiano cercando di scaricare il mattone delle colpe sulla testa del povero Giuseppe Marinotti. La nostra città rischia di essere catapultata di fronte ad un’imbarazzante sfida (interna alla destra) che potrebbe spazzare via l’intero centrosinistra; paradossale è anche che, dal canto suo, proprio il centrosinistra, come da tradizione, stia facendo di tutto per non approfittare della spaccatura in seno allo schieramento avversario.
Non parliamo di programmi, perché tanto l’unico valore che si può sbandierare è l’anticurtismo, l’antivitalismo, l’antimarinottismo. Come le macerie dell’antiberlusconismo. La storia insegna, è vero, ma solo a chi ha voglia di imparare qualcosa, non a chi è impermeabile agli aneddoti derivanti dalle sconfitte.
Prendiamo le primarie, allora. Le (pochissime e imbarazzate) risposte fino ad ora ricevute alla mia (banalissima) proposta hanno dell’incredibile. Mi limiterò qui a dire perché “Sì” alle primarie.
Due anni fa le primarie segnarono l’armistizio dopo una (precedente) spaccatura che sembrava insanabile e almeno consentirono di partecipare alle elezioni (formalmente) con un unico candidato.
Oggi si tergiversa, si fa dipendere la praticabilità di quella via dalle mosse della destra e sembra così affermarsi l’istituzionalizzazione della “vita di riflesso”, scelta di debolezza, direi antropologica, antropologicamente fallimentare e perdente.
Le primarie sono già “programma”, sono il punto di partenza per allargare la coalizione, il modo attraverso cui tutte le forze possono sottoporsi alle regole della democrazia e sottrarsi a quelle della partitocrazia, ancora vera padrona del trasversale panorama politico. E invece si insegue l’inaffidabilità politica conclamata di chi oggi dichiara che si candida per proprio conto e domani sta dall’altra parte senza che se ne conosca il motivo. Chiunque è interessato a battere le destre partecipi alle primarie, appoggiando il candidato che crederà opportuno. Sarebbe un banco di prova importante anche per chi volesse entrare nel centrosinistra.
Qualcuno giudicherà il mio articolo disfattista: anche questo rientra nell’atteggiamento paradossale che ormai travolge tutto e tutti. Il mio è il consiglio di un radicale, un (vero) democratico, che continua a battersi per le proprie personali convinzioni, che non vuole si utilizzi uno strumento sulla base di un calcolo di “opportunità” (o, per meglio dire, opportunismo). Il mio vuole essere un consiglio, anzi, una preghiera, un’implorazione che mi permetto di rivolgere a chi intende –silenziosamente o spudoratamente- tradire i principi che ieri, anzi oggi dichiara di abbracciare, anche se, è evidente, non gli appartengono.
Allora, come in ottobre chiedevo, da non iscritto al PD, che si parlasse delle primarie veltroniane, allo stesso modo oggi chiedo, da interlocutore del centrosinistra, che si apra un confronto pubblico e reale sulla opportunità (termine quanto mai inappropriato) o meno delle consultazioni interne al centrosinistra, chiedo che si discuta ancora una volta sulla necessità o meno di rispettare la parola data, i patti, i principi enunciati e sistematicamente traditi, a partire dall’art. 20 dello statuto del PD. Il rispetto delle regole che si scelgono non è semplicemente opportuno, è doveroso.