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- Inserito da: Sergio Tatarano
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Gentili Presidi, sono convinto che sui temi che interessano l’Associazione Luca Coscioni, il passaggio per il miglioramento del dibattito “politico” (inteso in senso ampio: la droga, il sesso, la vita sono politica, “vissuto”) giunga dal dialogo con (non dalla predica a) le giovani generazioni. Come si può, ad esempio, pensare di affrontare il tema sessualità-contraccezione-aborto senza rivolgersi direttamente agli studenti? Con chi dovremmo affrontare il fenomeno droga e parlare degli effetti che ciascuna di esse provoca?
Tra le scuole Superiori, il solo Istituto Professionale De Marco ci ha meritoriamente autorizzati a sottoporre ai ragazzi un test sulla conoscenza della pillola del giorno dopo, contraccettivo d’emergenza che sarebbe efficacissimo se solo fosse reso accessibile soprattutto alle ragazze costrette a peregrinare in ogni dove, tutte le volte che trovano il coraggio di recarsi in un ospedale per farsi prescrivere la ricetta obbligatoria. I risultati di quel test hanno confermato la necessità di una informazione urgente.
Nessuno ha invece ritenuto di rispondere (nemmeno con un “no, grazie”!!) alle nostre sollecitazioni sul medesimo test, come alla richiesta di un dibattito sull’eutanasia con Mina Welby o una discussione scientifica sulle droghe o all’installazione di un distributore di preservativi nei bagni (proposta, questa, tanto dileggiata dagli adulti quanto apprezzata dai ragazzi), nonostante i nostri fax e le nostre telefonate.
Nel merito, mi chiedo: è compito della scuola fornire ai ragazzi gli strumenti per crescere con responsabilità e per affrontare i momenti duri della vita, offrire una sventagliata di possibilità, come anche informarsi essa stessa, per comprendere di cosa gli studenti hanno bisogno? Oppure la scuola ha una funzione di soggetto tenuto a tappare gli occhi, addolcire la realtà, un po’ come facevano i nostri genitori quando eravamo piccoli, consolandoci, ogni volta che ci cadeva un dente, con l’arrivo del topolino pronto a lasciarci 5 mila lire sul comodino? Si ritiene davvero che certe discussioni debbano essere relegate alle famiglie, lasciando che sia una specie di terno al lotto a decidere se la nostra sessualità debba svilupparsi serenamente oppure sotto i veti maschilisti di qualche padre padrone? Chi risponde a queste domande? Prima ancora, però, diteci pure che le nostre richieste sono farneticanti, ma non rimanete in silenzio, un silenzio offensivo, soprattutto per il rispetto che si deve verso coloro che di certe informazioni dovrebbero fruire.