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- Inserito da: Sergio Tatarano
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Come si misura l’efficienza di uno Stato di diritto? O meglio: quando possiamo dire di essere di fronte ad uno Stato di diritto? Quali requisiti deve avere per poter essere classificato come tale? Uno Stato di diritto è quello Stato nel quale si realizza “la soggezione di tutti i pubblici poteri alle norme giuridiche”( Martines). Bene. Il nostro non è Stato di diritto. E badate, la mia è una definizione oggettiva, tecnica, non politica. E’ uno Stato di diritto quello che si regge sull’emergenza permanente, sulla riduzione dei diritti e della sfera della libertà del cittadino ogniqualvolta venga messa alla prova l’efficacia delle leggi? Ogni volta che ciò accade la risposta è la contrazione delle garanzie di legge. Prendiamo il caso più eclatante, come i reati di opinione. Uno Stato se è liberale dovrebbe consentire a chiunque di esprimere la propria opinione senza che tale opportunità sia da valutare volta per volta; insomma, non si può enunciare la libertà di parola e poi porre un limite (a meno che questo non si trasformi in offesa personale a terzi) quando si sostengono anche concetti assolutamente incomprensibili ai più, dimenticando tuttavia che la pericolosità di quel pensiero può essere accresciuta non dalla sua diffusione ma dal tentativo di soffocarlo. E allora non si comprende la schizofrenia di chi vorrebbe punire i tifosi che esibiscono le svastiche, andando a creare anche un parallelo con le falci e martello ed uno stravagante e inquietante paragone tra l’uno e l’altro simbolo (“la falce e martello sì, la svastica no”), tanto da rischiare di non uscirne più perché si entra in valutazioni della storia arbitrarie e faziose. Morti ne hanno provocati a iosa il nazismo, il fascismo e il comunismo.
Prendete la questione romena: si è votato un decreto in seguito ad un (efferato, tragico, bestiale) omicidio, uno! Vale a dire che la gente ha percepito (perché il governo ha voluto che la gente percepisse) che di fronte ad un gesto grave di una persona si possano restringere le libertà personali di un’intera etnia.
Prendiamo un altro esempio, che ha a che fare con la pochezza della classe politica, con il suo voler rincorrere gli istinti qualunquistici e populistici che animano superficialmente larga parte della popolazione. Allora, quando Grillo e i suoi hanno denunciato lo strapotere politico, la politica come ha risposto? Una classe dirigente con la coscienza pulita avrebbe dato una maggiore pubblicità di sé (che ne pensano questi signori dell’anagrafe degli eletti?), avrebbe spalancato le porte ai cittadini e avrebbe chiesto loro di essere più esigenti, di vigilare. Invece il Parlamento ha deciso di ridurre per legge il numero di ministri, come se ciò non fosse una decisione politica della quale ogni governo si debba assumere la responsabilità. Invece di stabilire un rapporto diretto tra eletto ed elettore, come quello dei regimi anglosassoni in cui l’eletto risponde al suo territorio e non al partito di appartenenza. La prospettiva evidentemente è opposta. Non importa ridurre i parlamentari, importa che lavorino bene. Dov’è il respiro largo di certe scelte? Sembra di trovarsi dinanzi a quei genitori che per trasformare il pianto capriccioso del figlio in un sorriso superficiale e immediato gli comprano il giocattolo, trascurando di mostrare l’attenzione della quale un bambino avrebbe bisogno. Questo siamo: l’emergenza mafia, l’emergenza rumeni, l’emergenza “antipolitica”. Uno Stato di diritto non dovrebbe trovarsi mai davanti alle emergenze, dovrebbe possedere in sé gli anticorpi per gestire situazioni di difficoltà, dovrebbe saper governare i fenomeni estremi, non la normale amministrazione ma per governare c’è bisogno di riforme. Quelle che nessun Pd e nessuna CdL saranno mai in grado di fare.